Al Caffè Letterario del Sansi di Spoleto, fino al 31 agosto, il maestro marchigiano porta in mostra una vita intera dedicata all’arte e alla velocità del pensiero. Collaboratore di Burri e Monachesi, è l’ultimo testimone diretto della grande avanguardia italiana.

Nella luce chiara del mattino, Silvio Craia si china su una tela o un cartoncino. Il pennello, o un pastello saldo tra le dita, sembra non toccare la superficie ma sfiorarla, come se dovesse svelare e non soltanto dipingere. Sul tavolo, barattoli di colore aperti e schizzi a matita che tradiscono una mano ancora inquieta, affamata di forme nuove.

A ottant’anni compiuti, Craia non ha perso l’andatura veloce di chi, da ragazzo, scoprì che l’arte poteva essere velocità, energia, conquista del futuro. Nato nelle Marche in un’Italia che usciva dalla guerra, il giovane Silvio si formò respirando la tensione creativa del suo tempo. Le sue strade si incrociarono presto con quelle di Alberto Burri, il maestro delle combustioni e dei sacchi, e di Sante Monachesi, raffinato interprete del Futurismo marchigiano. Non erano solo incontri professionali: erano alleanze di spirito, conversazioni notturne, sfide silenziose sul senso dell’arte.

Oggi lo chiamano “l’ultimo dei futuristi”. Non per retorica, ma perché in lui vive ancora quella fame di domani che animava Marinetti e i suoi compagni di avventura. Lo si vede nelle tele che dal 1° al 31 agosto popolano le sale intime del Caffè Letterario del Sansi di Spoleto (via della Salara Vecchia 21), in una mostra curata da Luca Filipponi e Paola Biadetti. I colori sembrano uscire dalla tela, le linee si rincorrono come treni in corsa, le geometrie esplodono in vortici di materia.

La rassegna, che il 14 agosto alle ore 12 vivrà la sua presentazione ufficiale, è anche l’occasione per annunciare un progetto editoriale di ampio respiro: una monografia sull’opera di Craia, firmata da Filipponi, con grafica e comunicazione a cura di Biadetti. Sarà il primo volume di una collana destinata a ripercorrere, passo dopo passo, la storia di un artista che ha attraversato oltre mezzo secolo di arte italiana senza mai rallentare.

All’inaugurazione, il maestro sarà circondato da un parterre d’eccezione: oltre a Filipponi e Biadetti, ci saranno l’artista umbro Alessandro Gabrielli, l’artista internazionale Nestore Bernardi (che il 30 agosto a Montereale, in Abruzzo, guiderà l’evento Le arti si incontrano a Mille), il critico e storico dell’arte Sandro Costanzi, lo storico Pietro Lucchetti, il pluripremiato artista spoletino Fausto Segoni e il fotografo e imprenditore Fabrizio Capsoni.

«Questa mostra – sottolinea Filipponi – mette in relazione il maestro con un pubblico internazionale che lo sta apprezzando e seguendo con grande attenzione. Un riconoscimento meritato, per quanto ha fatto e continua a fare per le arti».

Passeggiando tra le opere, si ha la sensazione di attraversare un paesaggio in movimento: i colori sono fiammate, i tratti sono accelerazioni, le composizioni sembrano vibrare come un motore al minimo. Forse è questo il segreto di Silvio Craia: dipingere non per fermare il tempo, ma per spingerlo sempre un po’ più avanti.

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