Esclusiva-Spoletoclick. I segreti di Spagna: intervista al medico e scrittore Gregorio Pompili. Parte I

di Simone Fagioli

D. In un precedente articolo noi l’abbiamo definito “uno spoletino innamorato della Spagna”. Che cosa sente di precisare in merito a tale definizione?

 

R. Mi appassiono da sempre per tutto quello che sento vero. La Spagna del Centro-Sud e l’Andalusia in particolare è un Paese orgoglioso e solenne: ogni sentimento è mostrato senza tentennamenti né mistificazioni. Ogni cosa di laggiù appare ad un italiano… Esagerata? Forse, ma la senti sempre espressa con la sincerità e senza finzione. È una terra, la Spagna del Sud che può sembrare, ad un osservatore superficiale (che va di fretta) … Strana, ma poi chiunque capisce, “se rallenta” che è tutto vero e sentito quello che vede. L’uomo di lì è in genere così, vero ed esagerato, pieno di orgoglio e passione, nei sentimenti e nel modo di fare.

Le Tradizioni Religiose, le Feste di Primavera e d’Estate con i colori, i riti, le musiche e le danze, del “pianeta del flamenco”, il mito e l’amore per il toro e l’ammirazione per quell’uomo che ha quiete sovrumana per farglisi avanti… Già, tutto questo rende quel paese, lo ripeto, unico e originale e soprattutto “vero”, non ancora reso noioso, uniforme e truccato dalla globalizzazione che ci sta fagocitando tutti e che ci rende pian piano tutti inesorabilmente uguali.

È un peccato, l’attuale estrema globalizzazione. Pensa, un giorno lei potrà magiare dell’ottima porchetta anche a New Deli, ma all’ombra del Monteluco sarà sempre un’altra cosa, avrà sempre un altro sapore, sarà sempre un’altra emozione, non crede? Capisce quello che voglio dire? Una terra

che perde le tradizioni è come un albero senza radici. Non riconosci più nessuno, ti specchi e non sai più chi sei davvero, perché hai scordato da dove vieni? E lei, sa dirmi da dove viene?

In Andalusia, questo non è successo. Come sarà il futuro? Chi lo sa. Però sono difficili da cambiare, gli andalusi, per fortuna. Che Dio li guardi!

D. Da quello che abbiamo compreso, anche leggendo il suo libro, Lei è innamorato della Spagna ma in particolare di Siviglia e dell’Andalusia. Potrebbe sinteticamente descriverle?

 

R. Vado al punto. L’Andalusia affascina perché è posseduta dal “duende”. Cos’è il “duende”?

Il duende, lo riconosci, perché si manifesta con la pelle d’oca. È una forza misteriosa e sorridente, vive nel sangue e in Andalusia è di casa. E le arti di laggiù, quelle interpretate dal corpo, come il Flamenco e la Corrida, sono per il duende un richiamo irresistibile. È più che emozione il duende: vive nel sangue!

Poi sì, le bellezze naturali come in ogni parte del mondo, ma anche “interminati spazi” e l’atmosfera unica: il sogno dello Splendore e apogeo dell’Islam europeo. E i colori tenui del Campo Andaluso punteggiato così spesso da tori e vacche brave e cavalli. I solenni cavalli andalusi, concepiti per battaglie  e trionfi dopo le vittorie: se osservi il modo esagerato che ha un cavallo andaluso di alzare le zampe al passo e al trotto, ma soprattutto al passo, capisci che è una creatura selezionata (e addestrata) solo per avanzare, per incutere timore e rispetto e non per fughe vergognose. Ovunque nelle città si respira, si avverte il frutto magico della “mezcla” (il miscuglio) di cultura Romana e Araba anzitutto. La moschea di Cordova ne è un simbolo.

La chiesa che occupa parzialmente, solo molto parzialmente l’enorme moschea con le sue ottocentotrenta colonne di stile differente: un inno allo stesso Dio, Padre unico di figli di lingue e culture diversi, ma figli dello stesso Padre. Un inno alla convivenza senza chiacchiere inutili. Sì, il duende è ovunque laggiù nelle città piccole e grandi e nel campo, tra tori e cavalli.

D. Il suo volume si intitola “Trajes de luces – Misteri di Spagna”. Perché ha sentito l’esigenza di scrivere la sua passione?

R. La voglia di scrivere, dapprincipio è nata solo per me. Erano note e sensazioni tracciate durante i soggiorni laggiù e poi i ricordi e le considerazioni nelle sere d’inverno in casa, erano momenti di nostalgia. Pian Piano i frammenti si cambiavano in brani…e l’ambiente con i personaggi e i Miti… tutto quello che aveva catturato la mia intenzione, che aveva destato in me, meraviglia, meritava di essere in qualche modo ordinato e scritto.

Per mia memoria anzitutto, principalmente per mia esigenza.

E visto che non sono un egoista, l’ho reso pubblico. Tutto qui.

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