Il territorio di Monteluco offre un paesaggio ricco di una verdeggiante e rigogliosa vegetazione e vedute d’incomparabile bellezza e suggestione. Al contempo, in esso ritroviamo i segni di una storia religiosa millenaria, simbolo di preghiera e di spiritualità di tutta la valle spoletana. Ed è poprio per questo motivo, che, osservando dall’alto lo splendido mosaico di campi coltivati della Valle Spoletana, un sussulto nel cuore di S. Francesco fece esclamare al Santo di Assisi: “Nihil iucundius vidi valle mea spoletana”.

La ricchissima vegetazione del Monteluco è caratterizzata dal Leccio sempreverde, pianta rara da rinvenirsi nell’entroterra, in quanto preferisce la vicinanza del mare o di bacini idrici notevoli.

La zona è raggiungibile percorrendo una strada panoramica, che offre una magnifica vista sulla valle spoletana, culminando  in un pianoro sulla cima di un basso monte all’altezza di 780 m s.l.m.

Il percorso veicolare, realizzato tra il 1915 e il 1918 dai prigionieri autro-tedeschi, inoltre, passa in prossimità del famoso Ponte delle Torri.

Salendo alle pendici del Monteluco si incontra la chiesa di San Pietro, eretta all’inizio del V secolo su un’antica villa romana, monumento esemplare del romanico umbro, di cui oggi è rimasta soltanto la splendida facciata dalle ricche decorazioni simboliche.

Dopo qualche kilometro, si incontra, la chiesa romanica di S. Giuliano, sorta nel XII secolo sul luogo di un edificio risalente al VI secolo, ed intitolato a un martire omonimo.

La pianta della Chiesa è a schema basilicale, con tre navate su pilastri e rozze colonne di conci con tre absidi semicircolari e cripta.

Alla sommità del monte, accanto al pianoro, si trova il Convento di Monteluco, insediamento francescano meta di pellegrinaggi, che la tradizione vuole fondato dallo stesso S. Francesco sul luogo donato dai Benedettini, insieme ad una chiesetta intitolata a S. Caterina d’Alessandria.

La montagna spoletina, di cui il Monteluco costituisce l’estremità settentrionale, è una dorsale calcarea allungata da nord a sud, estesa circa 7.000 ettari, compresa tra la Strada Statale Flaminia e la Valle del Nera.

Questa montagna è costellata da piccoli centri abitati (Mustaiole, Sustrico, Acquaiura, Torrecola, Belvedere, Ancaiano, Le Cese, i ruderi di Sensati, Vallocchia, Borgiano) e sono disposti ad anello intorno al massiccio; più interni e a quote più elevate si trovano, invece, Monteluco, Le Porelle, Le Aie e Patrico.

L’area è occupata in massima parte da boschi di caducifoglie e di sclerofille sempreverdi: si trovano formazioni di carpino nero e orniello, querceti di roverella, castagneti, qualche nucleo di faggio alle quote più elevate, pinete a pino d’Aleppo e leccete. Tra queste ultime spicca quella secolare di Monteluco.

Inoltre, su alcuni versanti assolati sono presenti numerosi oliveti e, intorno ai piccoli insediamenti, anche in montagna, si trovano seminativi e prati.

La fauna è ricca e diversificata, con almeno 134 specie di vertebrati presenti. Il 37% di questi animali sono considerati di grande pregio scientifico e conservazionistico, perché rari e/o minacciati.

L’importanza delle caratteristiche ambientali di Monteluco e di tutta la montagna spoletina è sancita dall’individuazione del sito di interesse comunitario (SIC) “Monteluco di Spoleto” e della zona di protezione speciale (ZPS) “Bassa Valnerina: Monte Fionchi – Cascata delle Marmore”.

Il suo nome deriva dal termine latino lucus, che in latino letteralmente significa “radura nel bosco dove passa la luce del sole”: infatti,  era per gli antichi romani il bosco sacro a Giove, a testimonianza dell’importanza religiosa di questo luogo sin dai tempi antichi. All’ingresso del bosco, venne ritrovata una copia lapidea della cosiddetta Lex luci spoletina, redatta in latino arcaico e risalente al III secolo a.C.

 Monteluco fu anche luogo naturale di isolamento sullo scorcio del V secolo, quando un gruppo di monaci anacoreti orientali guidati da sant’Isacco di Monteluco, religioso di origine siriaca, lo scelsero per la meditazione e la preghiera.

Essi fondarono una colonia sul monte, abitando nelle grotte e vietando l’accesso alle donne.

San Francesco, nel 1218, vi si stabilì per un breve periodo, fondando un primitivo convento ai limiti del bosco sacro, in un luogo donatogli dai benedettini.

Sugli antichi luoghi di preghiera furono edificati piccoli conventi, chiese e cappelle, abitate da singolari figure di “eremiti” della mondanità spoletina: artisti, pittori, architetti, uniti sotto la cosiddetta Congregazione dei Padri Eremiti di Monteluco, fondata nel 1547 dal vescovo Fabio Vigili.

La casa madre aveva sede nell’antico Eremo di Santa Maria delle Grazie, poi trasformato in Villa Lalli (si ricorda che anche l’artista Michelangelo soggiornò brevemente in questi luoghi).

Nel 1682 si trasferirono da Tolosa a Monteluco un gruppo di religiose francesi, che si diedero il nome di Grappiste, e che sono ricordate per le particolari convenzioni linguistiche che adottarono.

L’occupazione napoleonica, soppresse la congregazione e, all’inizio dell’800, gli eremi passarono definitivamente in mano ai privati, che li trasformarono in ville per la residenza estiva e da allora l’accesso è aperto a tutti.

 Simone Fagioli

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