La personale di Giano (Spoleto 20 Aprile – 19 Maggio 2013 – La Bottega dell’Arte) si caratterizza, anzitutto, per la copiosità delle opere dell’artista romano, spoletino di adozione, le quali illustrano il suo iter artistico figurativo.

Gli studi artistici di Giano prendono avvio verso la metà degli anni ’70, concludendosi con il diploma in Scenografia. Da qui, il suo fare pittorico è influenzato, dapprima, dai paesaggisti francesi e inglesi del XVIII e XIX secolo, quali J. B. C. Corot, J. M. W. Turner, J. Constable e J. F. Millet e gli impressionisti francesi C. Monet e A. Sisley. Tale influenza si può riscontrare nell’ abilità di Giano nell’affrontare la natura dal vivo, con la sua luce variabile: il paesaggio diviene, quindi, come era stato per Monet, il luogo in cui catturare meglio il cambiamento continuo della luce, in particolare durante lo scorrere del tempo, in tutte le diverse variabili dal dì fino alla notte.

Giano, successivamente, si avvicina allo studio dei Macchiaioli italiani (come ad esempio, G. Fattori, S. Lega e T. Signorini): la poetica macchiaiola è verista e si oppone al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico. In essa, l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro, ottenuti tramite una tecnica chiamata dello specchio nero: attraverso l’utilizzo di uno specchio annerito col fumo, si è in grado di esaltare i contrasti chiaroscurali all’interno del dipinto. L’arte di questi pittori consisteva “nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri”.

In tale contesto, si può definire il poetare pittorico di Giano, relativamente alle sue opere figurative, una sorta di “realismo immaginativo”, stile che si inserisce a pieno titolo nelle attuali correnti post-moderne.

Quella di Giano non è una pittura di maniera, né tantomeno scade in una resa fotografica della realtà. Caratteristica fondamentale di una simile modalità pittorica, è quella di attirare lo spettatore all’interno della rappresentazione, quasi fosse richiamato dalla figurazione stessa a farne parte; lo spettatore, parimenti, cerca quei paesaggi che nella natura non trova.

La bellezza della natura, colta in sé e per sé, fa scaturire, nell’anima dello spettatore, il desiderio di trovare quegli angoli di mondo, quei vagheggiati ambienti naturali che il realismo immaginativo di Giano produce e fa vivere.

In forza di ciò, la pittura diviene desiderativa e l’opera creata rappresenta desiderio di desiderio.

La rappresentazioni sono cariche di matericità, resa attraverso l’uso delle resine e delle colle che conferiscono tridimensionalità all’opera stessa e un assetto prospettico in rilievo che infonde movimento.

Inoltre, la matericità della luce, conduce la mente di colui che guarda a volgere lo sguardo oltre la tela; l’attenzione dello spettatore va al di là del figurato, e lo sguardo si allunga oltre la linea d’orizzonte, in una sorta di tensione immaginativa.

Spoleto lì 2 Maggio 2013

                                                                                                          Dr. Simone Fagioli

 

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